Trema la terra
Nel 1349, ai dì 9 settembre: "Di persone ottocento de L'Aquila fu
atterrate - che per lu terremotu forno morte e sotterrate. - Alor
chi vede strillare et far pietate. - Chi piagnea lu figliu, chi
moglie e chi lu frate". Poi Buccio da Ranallo muore, e con lui le
sue cronache. Ma sappiamo lo stesso che nel 1456, "il massimo dei
massimi", come lo definisce il Baratta, distrugge Aquila e dintorni,
uccidendo più di metà degli abitanti. Squadre di fanciulli
biancovestiti erano apparsi la sera prima per le strade, torme di
spiriti urlanti si abbatterono su viandanti ignari, i quali
arrivando in paese dedussero di aver visto le anime sconvolte per
essere state scacciate all’ improvviso dai corpi.
Quello del 1501 fu fortissimo, ma gli abitanti si erano messi in
salvo. Nel 1627 così così, nel 1639 alta magnitudo (lutti e
distruzioni imponentissime), nel 1672, mediocre, fino a quello del
1688, tra i più estesi.
Arriva l'Epoca dei Lumi con presagi meteorologici. "Un inverno
insolitamente temperato, placido e sereno dal 1701 sino al principio
del marzo 1702; poi per più mesi si successero piogge e nevi [...]
al principio di novembre cominciarono a spirare violentissimi venti
[...] gennaio del 1703, dirotte e continue piogge;[...] mentre che
l'aere era in lunghe striscie velato di leggere e rossicce nubi, la
terra esalava qua e là sulfurei vapori".
È la preparazione per lo "spaventevole tremuoto" del 14 gennaio
1703, i cui sussulti continuarono per tutto il mese. Spalando sempre
nuove macerie si arrivò al 2 febbraio. "Alla Candelora -
dell'inverno semo fuora", pensarono gli aquilani. La speranza di
essere in salvo diventò folle certezza, al punto da riunirsi in San
Domenico per il ringraziamento. La chiesa era stipata e la scossa
finale seppellì tutto e tutti. Il Libro dei Morti della sola
cattedrale ne dichiarò duemila, senza poterne annotare i nomi, ma
con la certezza che "i poveri defunti saranno registrati nel libro
dell'eternità". "Consoliamoci con l'aglietto” pure stavolta.
Per quello di Avezzano del 1915, papà vide le pareti della sua
cameretta accostarsi e riandare a posto. Scavezzacollo bruno dagli
occhi chiari, già a tredici anni beffese della più bell'acqua, si
sentì ispirato da tutta quella gente rifugiatasi sotto la tettoia
della legna e si arrampicò tra le rocce per buttarvi sopra una
manciata di sassi che sembrò la fine del mondo. Quando suo padre lo
acchiappò ne pagò duro prezzo, ma il ricordo restò tra i suoi più
divertenti.