All’Aquila da sempre peste e guerra hanno fatto la loro, i
terremoti si sono incaricati del resto. Ci vuole poco a scettecare
le case per distruggerle, e spesso gli riusciva con quelle di pietra
ben squadrata, sempre con quelle di ciottoli, conci, malta pessima,
non tanto solide da resistere, ma abbastanza da uccidere il ceto
medio che le abitava.I più difficili da accoppare erano i selvaggi
che sulla testa avevano solo mucchi di canne e tetti di paglia.
Le cronache raccontano per secoli i puntuali sobbalzi della terra.
Quando scrivere era esclusiva dei frati, c’erano fatti mirifici: nel
990, secondo l'abate Desiderio, un angelo avvertì in tempo i monaci
di San Liberatore, che si salvarono. Non un filo di pena, che non
avesse fatto lo stesso per i contadini…
Più laico è Buccio da Ranallo, che mise in versi una Storia di
Aquila, completa dei disastri ai tempi suoi. Nel 1117 l'Italia era
già una per il terremoto che cominciò dal Nord, e nell'ottobre del
1120 arrivò al centro, alleandosi dove poté con maremoto e aeromoto.
Nel 1315, annus terribilis, "forno li terramoti [...] del mese di
decembre a li tre giorni intrati - e de mercoledì venne... Dico lo
mese e 'l giorno chi ha curiositati". Significa che mercoledì tre
dicembre crollò ad Aquila la Chiesa di San Francesco, uccidendo
anche il celebrante, il cui messale lordo di sangue restò a
edificazione dei posteri. "Li terramoti forno più de quattro semane;
- nelle logge iaceano l'homini et grande paura have.- faceano
penitentia la sera e la demane, tutti frustando gènnose, cò li
scuriati in mane". Il linguaggio trecentesco vuol dire che gli
uomini giacevano morti di paura nelle baracche, e facevano penitenza
frustandosi con gli scudisci sera e mattina.
Quel che restava dell'antica Quire, ormai da un pezzo Beffi, vide
passare tra le sue macerie il corteo di frate Roberto di Salle,
successore di Pietro del Morrone, che portava la solidarietà di
Sulmona alla sorella da poco nata e già distrutta. Per accrescere la
conoscenza degli uomini più che dei fatti in sé, è bene ricordano
gli innumerevoli voti dei cittadini aquilani, durante i venti giorni
di scuotimenti; tornata la calma, le monacelle di Machilone cui si
era giurata una sistemazione, furono invece scacciate e per
sopravvivere dovettero cambiare di centottanta gradi la loro
attività.
(continua)